E la mia Gigia che fa in questo momento? Da quella notte dell’arresto io non ho saputo nulla di lei, e del figlio mio. Povera Gigia mia, ella soffrirà più di me: ella è gravida, e chi sa se non si sarà sconciata. E Raffaele quando lo rivedrò il mio bimbo? Che faranno ora? dove saranno? E se qualcuno li insultasse? Oh che dolore è questo che mi squarcia il petto! questa è tortura vera “.
Tra questi angosciosi pensieri passeggiai lungamente nella stanza, leggendo a quando a quando su per le pareti nomi e bestemmie scritte col carbone. Sentii la molestia della fame, e guardai le fave, ma non potei toccarle per lo schifo di quel piattello: tolsi il pane e ne mangiai la sola crosta, perché la midolla era proprio fango: la notte se la mangiarono i topi che vennero a schiere, e portarono via anche le fave. Quella notte io non chiusi occhi, e disteso immoto sul farto contavo le grida delle sentinelle e aspettavo la tortura: ma il custode che discese più volte, e passando pel mio trapasso andò negli altri criminali a battere i cancelli, mi diede sempre la buona notte cavandosi la berretta, sicché io cominciai a rassicurarmi un poco. Il giorno appresso venne il custode maggiore, e mi disse: “Se non vi do nulla non mi credete cattivo: sono ordini, e bisogna seguirli. Quando verrà il commessario ad interrogarvi...” “Quando verrà?” “Chi lo sa! quando vuoi lui! Quando verrà chiedetegli che vi tolga da questo criminale che è il peggiore di tutti, e vi permetta di avere ciò che vi bisogna, e io farò ogni cosa.
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Gigia Gigia Raffaele
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