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      Le brevi letterine di mia moglie mi dicevano qualche cosa del mondo, che io comunicava nella nostra lingua ai compagni, e mi dicevano quanto ella pativa non pure per sé ma per le nostre due creature cui mancava il necessario. Quando io leggevo quelle parole sentivo come un ferro rovente che mi passava sul petto: e che doveva sentire ella che le scriveva? Io non posso ripensare a quelle angosce: e poi che cosa importerebbe al mondo sapere quanto patì una donna?
      Dirimpetto a la mia finestra molto lontano su la via del Petraro era la casina del signor Falconnet, negoziante francese, e innanzi la casina era una bella e graziosa villetta la quale si alzava molto sopra il giardino che sta innanzi il carcere. Ogni giorno sul cadere del sole quel signore e sua moglie, vestiti come due gigli, scendevano nella villetta a passeggiare e godere il fresco, e avevano intorno tre figliuoli che andavano saltando e godendo. Io mi affezionai a quella famiglia, specialmente a quella signora che era incinta, come io avevo lasciata la mia Gigia; e mi consolavo a guardar da lontano quella pace che mi pareva felicità, e dai loro movimenti credevo di intendere ciò che dicevano.” Oh, io non desidero ville, ma quando potrò così vedere vicino a me mia moglie e i miei figliuoli?” Quei signori non guardavano al carcere, dove sapevano essere ladri: eppure nel carcere era uno che li guardava, li amava, e ogni giorno diceva loro: “Dio vi benedica; siate felici”. Un giorno vidi le finestre della casina tutte chiuse, i servi andare su e giù costernati, poi nella villetta apparirono molti frati francescani con una croce.


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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