La signora sul parto era morta. Io ne piansi. La villa fu abbandonata, ed io perdei una consolazione.
Avevo chiesto qualche libro, e finalmente fu permesso di averne, e ne ebbi due, il Nuovo Testamento in greco antico con la metafrasi in greco moderno, e le poesie di Vincenzo Monti in un volume. Quel custode Luigi Liguoro che mi aveva portato lo strano saluto dell’Escalonne, entrato un giorno nella mia stanza, e sedutosi sul poggiuolo, prese in mano il Nuovo Testamento, e aperto mi domandò: “Che lingua è questa?” “È greca.” E voi sapete anche il greco?” “Un poco.” “Signore, io vi debbo cercare una carità. Levatemi da questo mestiere che non è per me, che sono nato un galantuomo. Ho quattro figlie zitelle, e sono carico di debiti. Aiutate una famiglia sventurata.” “Ma io non sono ricco, e non posso darvi danari.” “Non voglio danari.” “E che volete da me che son carcerato?” “Voi potete tutto.” “Io non v’intendo: dite.” “Io vi serberò il segreto, non dirò niente a nessuno.” “Ma che cosa volete?” “Tre numeri.” “Poh! e credete che io sappia i numeri del lotto?” “Quando leggete questa sorte di libri, voi li sapete tutti cinque i numeri.” “O via, Liguoro, cotesta è una pazzia.” “Non è pazzia: perché son carceriere non volete darmeli, ma sono uno sventurato galantuomo, e discendo da sant’Alfonso. Mi feci passare al carcere di San Francesco dove è arrestato padre Gaetano, lo sapete certamente, il monaco di San Pietro ad Aram, che sta in carcere perché da i numeri. Se vedeste che gente va a visitarlo, che donne e belle donne, e che bene di Dio gli mandano ogni giorno, ed egli sciala!
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