Quando mia moglie mi scrisse questa notizia, ella aggiunse: “Non ti dispiaccia il tempo lungo, che nelle cause di stato giova sempre. E poi se si vuole istruzione più ampia, dunque non ci sono quelle pruove da mandarti in galera due volte”. Io mi rassegnai a lungo aspettare.
Nelle altre cause, anche politiche, compiuta l’istruzione del processo, gl’imputati solevano passare al civile, ossia erano mescolati con gli altri, e potevano vedere congiunti ed amici: noi rimanemmo sempre in criminale a maturare ciascuno in una stanza e non potevamo vedere i nostri parenti se non per ispeciale permesso ed alla presenza d’una persona di polizia che doveva udire i nostri discorsi e riferire. I custodi, vedendo che noi eravamo così tenuti senza una ragione, e contro l’uso, e con maggiore fatica loro, e per tanto tempo, smossero ogni rigore, e ci lasciavano anche parlare da le finestre. Quell’isolamento mi privava del passeggio nel vasto cortile del carcere ad aria aperta, e m’impediva di vedere spesso mia moglie, la quale ogni volta doveva chiedere e penare per ottenere permesso, e quando veniva coi cari nostri bambini, dovevamo essere sempre alla presenza dell’ispettore.
Mentre così passavo i giorni lunghi, sconsolati, e pieni d’incertezza e di timore dell’avvenire, ecco nella nostra rada comparire alcune navi da guerra inglesi, poi altre, e poi tutta una squadra che mi faceva un grande spettacolo, e pareva minacciare la città. Il governo aveva una grossa briga per gli zolfi di Sicilia. L’avidità e l’ignoranza dei proprietari delle miniere, e l’astuzia dei mercanti, che erano specialmente inglesi, avevano fatto scadere l’industria dello zolfo.
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Sicilia
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