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      Ma il Marcarelli mi disse: “Che bassi agenti di polizia abbiano potuto fare qualche sopruso si può ammettere; ma quelle lettere di vostro carattere come le distruggiamo?” “Si distruggono da se stesse. Le avete osservate bene? Intorno a le parole scritte sono alcuni spazi bianchi, sui quali non apparisce che sia passato alcun reagente: e quegli spazi bianchi sono una pruova irrecusabile che le parole non furono mai scritte invisibili, ma visibilissime fin da principio, e però non poterono essere scritte da un settario, ma o da un matto o da un calunniatore”. I due avvocati si guardarono in viso l’un l’altro. “Bisogna osservare cotesto: e se è come voi dite,” disse il Marcarelli con forza, “avete una gran pruova in vostro favore.” “Io dimando che la commissione suprema faccia fare un’altra perizia chimica su quelle lettere.” “Questo appunto si farà.”
      E una nuova perizia fu fatta dal giudice Neri, e vi furono chiamati anche i due primi periti adoperati dalla polizia, due farmacisti, i quali non seppero dar ragione di quegli spazi bianchi che si trovavano intorno a le parole, e i poveretti trovandosi imbrogliati dissero la verità come era stata, che le lettere non le avevano scoperte essi ma la polizia le presentò già scoperte e volle che dicessero in un verbale di averle scoperte essi. Fu richiamato anche il reverendo parroco Barbuto, il quale confessò anch’egli un’altra falsità, che a Cosenza andò a la posta, chiese lettere d’Anastasio, gliene fu data una, era mia, ei sospettò, l’aperse, vide che v’eran caratteri simpatici, li scoprì, si tenne il mezzo foglio, e su l’altro dove era la soprascritta, scrisse poche parole imitando il mio carattere, e così diede mezza lettera all’Anastasio e mezza a la Polizia.


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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