Io subito fui condotto nella stanza di don Camillo, dove conobbi il buon Ricciardelli. Andarono dal generale Selvaggi, il quale concesse una buona stanza nel secondo piano in cui furono messi i compagni. Coś io stetti una giornata nel Coccodrillo, e i compagni quasi due giornate. Come io entrai nella stanza del custode e mi feci a la finestra senza cancelli che guarda sul porto militare, come io sentii l’aria e l’odore del mare, e tutta la persona mi riscaldai al sole, io ebbi un gran sollievo.
Eccoci innanzi a la commissione di stato, che sedeva intorno ad una gran tavola col tappeto verde. Il presidente in mezzo: a sinistra il consigliere Donato Laudati, il colonnello della Spina di marina, il colonnello Gullo de’ granatieri, il cancelliere: a destra il consigliere Gregorio Morelli, il consigliere barone Cesidio Bonanni, il Marcarelli, il Crispi, il procurator generale De Luca. Noi in fondo della stanza sopra uno scanno, poggiato al muro, guardati da gendarmi. La porta della sala chiusa a tutti, e guardata di fuori da altri gendarmi, tra i quali non mancava l’onesta faccia di qualche nostro parente che stava ĺ non per udire, ma se mai v’era un bisogno; e per dire la verità i gendarmi non lo discacciavano. I nostri interrogatori, il rapporto del commessario Bonanni, la lettura dei documenti, la discussione vollero parecchi giorni: e ciascun giorno dopo la seduta io tornavo col Ricciardelli nella stanza del custode, e preso un po’ di cibo, attendevo la visita di mia moglie e dei fratelli miei, e de’ fratelli di Nicola, Giosafatte e Giovanni Ricciardelli, fiorenti e garbatissimi giovani de’ quali mi ricordo sempre con compiacenza, come ricordo con affetto del caro Nicola.
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