Questi un giorno mi disse: “Più tardi avrai una visita.” “Oh chi?” “Non te l’aspetti”. E più tardi venne don Ottavio Colecchi, il filosofo che non sarebbe andato a visitare un principe, e mi strinse la mano, e disse: “State di buon animo. Ho detto al Bonanni che non dovete essere condannati, e sono certo che egli ascolta le mie parole: ma intanto difendetevi”. E mutato discorso stette una mezz’ora e andò via. Egli era amico di casa Ricciardelli, anzi era dello stesso paese, e Nicola ebbe il gentile pensiero di farlo venire per darmi una speranza con un uomo di tanto senno e tanta autorità.
Venne l’accusa del procuratore generale, il quale con un sorriso piacevole e con le più gentili parole del mondo dimandò per Benedetto Musolino, Luigi Settembrini, e Raffaele Anastasio diciannove anni di ferri; per Pasquale Musolino, e Nicola Ricciardelli libertà. “E di Escalonne che faremo? Sarebbe meglio mandarlo in Algeria, ma giacché noi non ve lo possiamo mandare, io dimando 19 anni di ferri anche per lui. Questi signori nel loro discarico hanno voluto dimostrarci che essi sono uomini intemerati e stimabili: lo sapevamo: anche il Cirillo, il Pagano, e gli altri erano uomini stimabilissimi: il loro fallo commesso dagli uomini stimabili.”
Il de Luca era un furbo che coi modi più garbati avrebbe fatto il boia, e voleva parere buono con tutti, e soccorrevole ad ogni sventura. Dopo la sua requisitoria tornammo a le nostre stanze, ed io facendomi a la finestra odo e vedo una compagnia di forzati che vanno al lavoro nella Darsena.
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