I giudici tutti mi guardavano con certi sguardi significativi , ed io lì freddo facevo lo scemo.
Raffaele Anastasio disse poco, che non aveva che dire: Pasquale Musolino e Nicola Ricciardelli si raccomandarono a la giustizia della Commissione. L’Escalonne disse: “Io non so che ho detto, io non so che ho fatto, non so come e perché sono in carcere nudo ed affamato. Signori, voi condannerete un povero matto”. E non poté più dire una parola, che gli venne un singhiozzo.
La discussione era finita. Noi uscimmo, e subito ammanettati fummo ricondotti nella Vicaria, e chiusi nelle Camerelle ad aspettare la sentenza. Era il giorno 3 luglio 1841.
Dopo alquante ore venne un custode e disse: “Una buona notizia vi porta don Rosario Anastasio, ma non può entrare se non viene l’ispettore che verrà a momenti.” Rosario messe il capo nello sportello che è nella porta esteriore del carcere, e disse: “Non costa per tutti: Pasquale e Nicola a libertà.” “E come lo sai?” “Ho aspettato sino a l’ultimo, ho visto uscire primo il presidente, ed ho domandato proprio a lui. ‘Eh, eh, statevi allegri, è riuscita a brenna per tutti’.” Indi a poco venne mia moglie tutta trafelata per correre, che aveva aspettato lungo tempo in casa, ed aveva saputa la notizia. Più tardi venne anche l’ispettore che ci confermò ufficialmente la notizia, e si rallegrò con noi. Ma noi eravamo così caldi della difesa e persuasi della forza delle nostre ragioni, che rispondemmo all’ispettore signor Raffaele Orsini che non c’era da rallegrarsi con noi, che la commissione avrebbe dovuto profferire il costa che non e darci diritto di recrimine contro i nostri calunniatori.
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