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      Nella Vicaria, che è carcere giudiziario, noi altri non più giudicabili né condannati non dovevamo stare; ed essendo a disposizione della polizia chiedevamo che ci mandassero a Santa Maria Apparente che era carcere di polizia: perché almeno lassù c’è aria e luce. Nel gennaio del 1842 fummo mandati nell’ospedale di San Francesco soltanto noi tre, Musolino, Anastasio, ed io: l’Escalonne rimase nella Vicaria, ed ebbe qualche aiuto dalla legazione francese.
      In San Francesco al pian terreno erano le sale dove la notte venivano a dormire quelli che erano usciti di carcere ma rimanevano sotto la sorveglianza della polizia, e per lo più erano stati ladri: v’era ancora il gabinetto d’anatomia patologica del professor Nanula. Nel primo e secondo piano era l’ospedale delle prigioni: nel terzo piano sotto il tetto erano alquante stanze a pagamento per pochi carcerati di non grave causa e di civile condizione, e per preti: qui fummo messi noi, Musolino ed Anastasio in una stanza, io in un’altra con Saverio Bianchi che era lì anch’egli da molti mesi. Usciti dalla Vicaria, San Francesco ci parve piuttosto una casa che un carcere: si passeggiava pei corridoi, si usciva fuori una loggia scoperta, si vedevano persone umane e civili, si aveva visite di parenti e di amici, e io vedevo mia moglie e i miei cari bambini e Raffaele che mi portava i suoi esemplari di scuola, e la piccola Giulietta che allora moveva i primi passi.
      Erano fra gli altri, tre gentiluomini condannati a sette anni di ferri per causa di duello.


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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