Venni in Napoli, trovai una ragazza che somigliava a mia moglie, me ne innamorai, e con danari ebbi carte e testimoni e la sposai. Stava con lei da un mese in un casinetto sul Vomero, quando venne mio padre da Calabria, e disceso al mio indirizzo in Napoli dimandò di me al guardaporta, il quale così a la semplice gli disse: ‘Sta con la moglie sul Vomero’. ‘Moglie? se mio figlio è prete!’ Il vecchio fece un rumore grande, venne da me tempestando per modo che la polizia seppe tutto, e condussero me qui e quella poveretta in casa della mamma”. Tutti quanti prendemmo a voler bene al Pellicano, che in fondo non era altro che un innamorato cotto e disfatto, ed un uomo amoroso con tutti. Stette in carcere un pezzo, finché con danari non fece più parlare del falso nel matrimonio, ed assegnò una pensione a la donna, ed egli dovette andare agli esercizi spirituali in un convento di frati; ma indi a poco tempo morì di crepacuore.
Già passava un anno dal giudizio, e ne sarebbero passati ben altri se mia moglie non parlava al Re, come ho detto: gli parlò ancora Pasquale per suo fratello, e gli diede una supplica in Castellammare: e il Re mandò le suppliche al ministro, e dissegli che non voleva più di queste noie. Si cominciò dunque a parlare che tra breve saremmo usciti, anzi venne un commessario di polizia a darci questa notizia, ma ognuno doveva tornare nella sua patria, nessuno rimanere in Napoli. Io dissi: “La patria mia è Napoli.” Napoli non può essere.” “È: e se non credete a me mandate al municipio ed avrete la mia fede di nascita.
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