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      ” I fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, e Domenico Moro, veneti, uffiziali nella marina austriaca, e affiliati a la giovane Italia, si lasciarono prendere a queste bugie; ed impazienti e generosi, credendo giunta l’ora della grande insurrezione nazionale, disertarono, andarono a Corfù, dove si unirono al Ricciotti, al Nardi, e ad altri esuli italiani, e preso a guida un bandito calabrese detto il Nivaro, colà rifuggito, sbarcarono a la foce del fiume Nieto, e s’indirizzarono verso San Giovanni in Fiore in giugno di quell’anno 1844. Subito il bandito sparì. Come in San Giovanni in Fiore si seppe dal perfido Nivaro che erano forestieri, gran signori, e con molti danari, le guardie urbane, guidate dal loro capo e dal giudice regio, corsero ad assalirli. “Siamo vostri fratelli, veniamo per liberarvi, eccovi la bandiera italiana”. Fu niente: le fucilate fioccavano: essi si difero, alcuni caddero morti, gli altri furono presi, battuti, spogliati di quanto avevano, menati prigioni a Cosenza. La commissione militare li condannò; ed il 25 luglio nove di essi, tra i quali i due Bandiera, il Moro, il Picciotti, il Nardi furono fucilati: gli altri mandati in galera. Morirono gridando: “Viva Italia”, intrepidi, ammirati anche da quelli che li condannarono, pianti in segreto da tutti. Il più giovane tra essi, Domenico Moro, di ventun anno, era bellissimo della persona, e il presidente della commissione avrebbe voluto salvarlo, e gli fece dire che chiedesse la grazia della vita, e penserebbe egli; ma il giovane che aveva l’animo bello come il corpo non volle, e morì senza macchia.


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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