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Stavano così le cose in Napoli quando ci venne un libro che fece una rivoluzione profonda in tutta Italia, il Primato del Gioberti. Noi eravamo servi, divisi, sminuzzati, spregiati dagli stranieri che ci dicevano una stirpe degradata, l’Italia terra di morti non di uomini vivi, non altro che un nome rimasto nella geografia e scancellato dal novero delle nazioni d’Europa; noi stessi ci tenevamo inferiori a tutti gli altri, e per tanti secoli di misera servitù avevamo offuscata la coscienza dell’essere nostro, quando costui ci dice: “Voi italiani, siete il primo popolo del mondo.” “Noi?” “Sì, voi avete primato civile e morale sopra tutti”. Non mai libro di filosofo, e neppure di poeta o di altro scrittore è stato più potente e più salutare di questo. Il Gioberti per fare entrare il libro in Italia e farlo leggere da tutti, e fare penetrare la sua idea nella coscienza di tutti, con fine accorgimento, non propone alcun mutamento, loda i principi, loda il papa, loda persino i gesuiti, non dicendo il falso, ma rilevando il bene, ammonendo con benevolenza, e mettendo innanzi una sua idea di una lega tra i principi italiani sotto la presidenza del papa. Dell’Austria non parlò. Il libro fu letto da ogni condizione di persone, e tra noi persino in corte, e la regina Isabella madre del Re (non il Re che non leggeva) lesse con gran piacere il Primato, e volle leggere poi gli altri del Gioberti e se ne scandalizzò, e diceva: “Il Primato sarà sempre il primo”. Prodigioso fu l’effetto del libro, scosse e sollevò la coscienza di un popolo prostrato: e questo fece non pure con ragioni nuove e potenti e vere, e con parola dominatrice, ma con accorgimento finissimo e senza offendere nessuno.
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