I soli gesuiti se n’accorsero, e fecero scrivere una confutazione da un loro padre Curci: non l’avessero mai fatto; ché il Gioberti entrato in casa, e acquistata la benevolenza di tutti, disse il vero senza riguardi e scrisse il Gesuita moderno. Io non parlo della sua filosofia e della sua dottrina cattolica, che per me è parte esteriore e mutabile del suo libro, e negli altri libri egli la mutò, ma considero il solo concetto, la idea madre del libro: la quale a molti parve allora una esagerazione: sì, ma fu un’esagerazione salutare e necessaria, e un’esagerazione, cioè uno sforzo straordinario, una gran fede ci voleva, per dire al Lazzaro quadriduano: “Tu sei vivo, sorgi e cammina”. Ma oggi 1875 si può dire che fu veramente ed interamente un’esagerazione? Noi dopo di aver dato al mondo l’impero romano ed il papato, dopo di aver insegnato all’Europa tutto quello che sa, e di aver prodotti i capilavori nell’arte moderna, cademmo in un abisso di servitù e di miserie, e perdemmo sinanche il nome di popolo: e pure risorgemmo, ci unimmo in uno stato, rifacemmo l’Italia che ora si asside fra le grandi nazioni, ed ha un altro grandissimo ufficio a compiere, trasformare la coscienza cristiana di tutti i popoli civili. Senza grandi e singolari facoltà morali e civili non si fa tutto questo, non si risorge, e a questo modo, e con questo fine. Senza superbia adunque e senza voler dispregiare nessuno, si può dire che noi siamo naturati ottimamente, e che il buon Gioberti fu e poeta e profeta, e come filosofo civile non s’ingannò. L’Italia deve annoverare quest’uomo tra i suoi maggiori benefattori.
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