Alcuni medici mi stomacavano. Veniva uno, e mi diceva corna di un altro, e mentre se n’andava, capitava quell’altro, si salutavano, si stringevano la mano, e poi l’altro mi diceva corna del primo. E così facevano molti, e io udivo e mi rodevo. Un giorno venne un prete che era rettore del collegio di musica, e mi disse che bisognava cacciar subito sei giovani che erano ribaldi, scostumati, degni di galera. Io mando pel Mercadante, che viene, e mi dice: “Questi sono i migliori giovani: non possono vedere i preti, ecco perché sono scostumati e cattivi. Ma che? vogliono gli artisti come monaci? Poveri figli miei; i migliori, i più ingegnosi, i più bravi!” “Grazie, maestro, di questa vostra testimonianza che vale per mille”. Fu licenziato il prete che ne aveva fatte di molte, e gridava contro tutti perché non gridassero contro di lui.
Ci volevan danari, e si pensò al solito di fare un prestito, di tre milioni di ducati, dei quali due forzosi, uno volontario. Il prestito forzoso obbligava tutti i cittadini: l’altro no. Io feci l’offerta di un terzo del mio stipendio, e portai la carta scritta al ministro delle finanze, ma non potei parlargli perché aveva tanta gente intorno che chiedeva e strepitava che io ebbi pietà di lui, e diedi la carta ad un impiegato che gliela fece pervenire in mano. Il povero Ferretti la fece stampare, e mi lodò: io credetti di fare il mio dovere, ma rimasi solo, non ci fu altra offerta. Ma che offerte se tutti chiedevano di essere ristorati dei danni patiti, di essere premiati de’ meriti acquistati nella rivoluzione, del fiato gettato a gridare?
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Mercadante Ferretti
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