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      ” “Egli ci ha ingannati finora, e crede che con l’inganno riuscirà a sterminarci.” “Si mandino tutti i soldati in Lombardia, si dieno i castelli al popolo, e allora toglieremo le barricate”. Vidi ad un muro un cartello a stampa sottoscritto da Vincenzio Lanza vicepresidente della Camera de’ deputati, col quale la Camera ringraziava la guardia nazionale dell’attitudine presa per tutelare la rappresentanza della nazione, e diceva che essendosi ottenuto l’intento, la invitava a disfare le barricate, per inaugurare l’atto solenne dell’apertura del parlamento. Mentre io leggeva quel cartello mi vidi accerchiato da parecchi che mi dicevano: “I nostri deputati sono ingannati, noi non li possiamo ubbidire. Le truppe stanno pronte laggiù, e le barricate non si possono disfare”. Ed uno con certi occhietti furbi soggiunse: “Curioso quel don Vincenzio Lanza! Sì, leviamo le barricate, e dopo tutto quello che c’è stato stanotte e ancora c’è, vestiamoci di gala, ed andiamo ad aprire il parlamento!” Io dicevo tra me: “E che ci è stato dunque? Chi ha ordinato di farle le barricate? E perché?”. E non trovavo nessuno che potesse dirmi qualcosa. A un tratto vedo mio fratello Giovanni, armato anch’egli, che mi dice: “Sono stato in tua casa: tua moglie mi ha detto che eri uscito, ed io ti ho cercato lungamente, e voglio starti vicino.” “Sai nulla di quel che è stato stanotte?” “Grandi rumori a Monteoliveto, e le barricate.” “Niente altro?” “Niente”. In questo vedo avvicinarmisi Gabriele Pepe, generale della guardia nazionale, io gli vo incontro, e gli dico: “Generale, perché la guardia nazionale non ubbidisce agli ordini della Camera?


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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