” Ed egli: “L’ho detto a questi signori, e non mi vogliono ascoltare. Provate voi, diteglielo voi.” “E che sono io, o generale, rispetto a voi?” Qui entra un giovane che io conosceva, e con gli occhi e il volto come di un matto, dice: “Chi parla di togliere le barricate, è un traditore, ed io gli tiro”. E appunta il fucile sul petto a Gabriele Pepe, il quale come chi scaccia una mosca, lievemente spinse in alto la punta del fucile, dicendo: “Non fate sciocchezze”. E voltò le spalle, e messesi le mani dietro le reni, se ne andò via tranquillo. Io presi pel braccio quel giovane, e: “Sai tu chi è quell’uomo contro il cui petto impugnasti il fucile? Sai tu chi è Gabriele Pepe? È un prode soldato che ha il petto pieno di cicatrici, è colui che difese l’onore d’Italia contro il francese Lamartine che la insultava, è un grande e savio cittadino, è un uomo di virtù unica, innanzi al quale tu ed io dovremmo cadere in ginocchio”. Il giovane si fece pallidissimo, mi disse: “Oggi siamo tutti pazzi”; e dopo un poco pianse. Vive ancora, e forse leggerà queste parole che ho scritto.
Dopo alcun tempo vedo a caso il deputato Benedetto Musolino, e con lui vo a Monteoliveto seguito dal mio Giovanni, a cui lasciai il mio fucile, ed entrai nella gran sala, dove di mano in mano vennero gli altri deputati. “Insomma puoi dirmi tu che è avvenuto stanotte?” “Quel maledetto giuramento ha imbrogliato ogni cosa.” “E non saria meglio non darlo?” “Così penso anch’io, ma il re vuole che si giuri. Le pratiche durarono tutta la giornata di ieri, e verso sera venne qui il ministro Conforti, e lesse una nuova formola, che affermò scritta proprio dal re, e che non fu accettata.
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