Ora siamo a questo punto: il Re dice: ‘Non ritiro i soldati se non disfate le barricate’; il popolo dice: ‘Non togliamo le barricate, se i soldati non si ritirano’. L’una parte non ha fede nell’altra.” “E chi cederà?” “Il popolo no, né io glielo consiglierei. Se non cede egli, come finora ha ceduto, si verrà ad un conflitto, e la finiremo una volta con costui.”
Mentre facevamo questo discorso erano poco più delle undici del mattino, ed entrarono a furia nella sala alcuni dicendo: “È cominciato il fuoco, si combatte a San Ferdinando”. E udimmo colpi di cannone. Dopo un poco entrò Filippo Capone con in mano una palla di cannone, e disse: “Ecco quello che ci manda Ferdinando”. Vennero altri e dicevano: “Il popolo vince, i soldati fuggono”. Ma il cannone che tonava diceva il contrario. In quella sala tutti si movevano, tutti parlavano stranamente commossi: alcuni proponevano dichiararsi Ferdinando nemico pubblico e decaduto dal trono, altri nominare un governo provvisorio; il Ricciardi propose nominarsi un comitato di pubblica sicurezza con poteri pieni ed assoluti, e furono nominati Ottavio marchese Tupputi, presidente, e membri Gaetano Giardini, Vincenzio Lanza, Gennaro Bellelli, Ferdinando Petruccelli. A questo punto io dissi al Musolino: “Tu rimarrai qui, e farai il tuo dovere come deputato: io vado a fare il mio”. Uscii, e, ripreso il mio fucile, discesi su la via con mio fratello. Dai balconi del municipio furono gettati sulla via Toledo alcuni busti in gesso del Re, e la gente applaudiva.
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