Io mi voltai a quelli che a caso mi erano intorno, e dissi: “Che facciamo qui? andiamo dove si combatte”. E m’avviai seguito da cinque o sei sconosciuti. Quando fui innanzi al palazzo del principe di Montemiletto mi trovai solo con Giovanni. Sento chiamarmi a nome. “Dove vai? Vieni qui: più innanzi ci è pericolo”. Era Filippo Cappelli di Reggio, che scende, mi piglia per un braccio, e dicendomi: “Combatteremo da le case: questo è deciso, così fanno tutti: non vedi che sulla via non c’è un’anima?” mi tira dentro al portone che fu chiuso, e montiamo su la casa del principe di Montemiletto, dove trovo Errico Sannia, un attore del teatro Fiorentini in veste di guardia nazionale, ed alcuni altri pochi sconosciuti. Mi fo ad un balcone. Il cielo era azzurro, splendeva un sole bellissimo, la via Toledo era deserta, le barricate senza uno che le difendesse, da palazzo tonava il cannone, e da tutte le case usciva un grido: “Morte al Borbone!” Io dico al Cappelli: “Al cannone si risponde con le grida.” “E con le fucilate ancora.” “Ma a che cosa servono, che cosa sono quelle barricate? Sono barriere che fanno i fanciulli: un colpo di cannone le abbatte e le spazza. È stata una stoltezza farle, stoltezza farle qui nella via più larga e diritta. Il popolo di Masaniello anche asserragliò le vie, e combatté: ma dove? dove le vie sono strette e non ci vanno né cannoni né cavalli, né ci guardano i castelli, e i soldati si sarebbero schiacciati dalle case. Abbiamo fatte le barricate dove si passeggia, l’abbiamo fatte per imitare la Francia.
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