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      Ebbe un amico che ne scrisse la vita e ne pubblicò gli scritti, e che fu il mio caro Pasquale Villari che fece questa buona e bella azione. Su lo stesso albergo fu preso Gabriele Pepe, il quale perché generale della guardia nazionale, fu insultato e percosso dagli svizzeri, che l’ammazzavano se un uffiziale non lo salvava e lo faceva menar prigione in Castel dell’Ovo.
      Chi tirò il primo colpo? non si sa, né importa saperlo: fu reo non chi tirò il primo colpo ma chi fece le barricate. Armati di qua, armati di là partì un colpo anche per caso, e cominciò la zuffa. Il 15 maggio fu l’ultima e necessaria conseguenza di tutte le dimostrazioni che si fecero dal 27 gennaio, di tutte le grida di “morte” e di “abbasso” che si fecero nelle piazze, e che il governo non seppe né impedire né frenare, e governo furono tutti i ministri per quei quattro mesi. Uomini rispettabili per molti versi ebbero paura di offendere la libertà con uno squadrone di cavalleria, e la fecero andare a rovina. Ad un popolo come il napoletano che usciva da lunga servitù la libertà fu come un’imbriacatura, e ci voleva la forza per impedirlo di sfuriare in eccessi e per fargli tornare il senno. Per governare i popoli, per educare i fanciulli, e per curare i pazzi non basta la ragione e la parola, perché l’uomo ha pure quel della bestia, che vuol essere corretto con la forza. Questo non lo capirono quei governanti, ebbero paura di poche grida ed ingiurie, non seppero spregiare popolarità, ed essi ebbero colpa di ciò che avvenne il 15 maggio come ha colpa l’educatore del male che fanno i fanciulli da lui non saputi correggere a tempo.


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





Pasquale Villari Gabriele Pepe Castel Ovo