Essi dunque invitavano i loro colleghi a riunirsi in Cosenza il 15 giugno; e come mandatari della nazione chiamavano il popolo a prendere le armi. La rivoluzione che scoppiò in tutta la Calabria fu una conseguenza legittima della protesta del 15 maggio. Altre novelle dall’Italia superiore. Il 22 maggio in Bologna il generale Guglielmo Pepe ebbe l’ordine, scritto il 16 dall’Ischitella ministro della guerra, che richiamava senza alcun ritardo le truppe napoletane ed i volontari, e se egli non voleva ritenere il comando della ritirata, questo doveva essere affidato al generale Statella, che gli presentava quel dispaccio. Il Pepe addolorato e costernato di quella vergogna e sapendo che i soldati non lo conoscevano né lo avrebbero ubbidito, rimise il comando allo Statella; ma i Bolognesi si levarono a rumore, lo Statella impaurito fuggì a Firenze, e il Pepe ripigliò il comando. Cercò spingere innanzi i soldati e farli passare il Po, ma essi tumultuarono non vollero ubbidire, e presero la via del ritorno. Il Pepe passava il Po con mille uomini tra soldati di linea e cacciatori, oltre trecento artiglieri, e con questa mano di generosi andò a Venezia. Il nostro 10° reggimento di linea che aveva combattuto a Montanara e Curtatone e con tanto valore a Goito il 29 maggio fu richiamato anch’esso e dovette tornare. I soldati ubbidiscono al re. Tutti i soldati piemontesi seguivano Carlo Alberto che coi suoi figliuoli combatteva contro gli austriaci per l’indipendenza d’Italia: i soldati napoletani ubbidirono al re quando li mandava con quella bandiera tricolore che essi avevano combattuto in Sicilia e in Calabria come ribelle, ubbidirono quando il re li richiamava.
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