La via Toledo era come deserta. Quella dimostrazione fu fatta dalla polizia; ed io vidi con gli occhi miei quei tre agenti di polizia che la guidavano. Al loro ritorno, i popolani che abitavano nel quartiere di Montecalvario sopra Toledo, sbucano dai vicoli, e gridando “Viva la costituzione”, scagliano una grandine di sassi, e fanno fuggire quella plebaglia. Accorrono piccoli drappelli di soldati che tirano fucilate, ma i sassi volano da ogni parte, e i soldati si sparpagliano: i popolani ne disarmano alcuni, li percuotono, e li costringono a gridare “Viva la costituzione”. Un arditissimo assalta il Cioffi, gli dà due schiaffi, gli strappa di mano la bandiera bianca, e lo percuote con l’asta: vede che un soldato gli ha spianato il fucile contro, si getta a terra, sorge salvo e fugge. Il Merenda si chiuse fra i suoi birri.
Sopravvennero altri soldati più numerosi, i popolani si dispersero: tutto il quartiere di Montecalvo è chiuso ed assediato da soldati, i quali per il rimanente di quel giorno, e la notte, e il giorno appresso entrarono in tutte le case cercando armi ed i rivoltosi.
Nel giorno 6, grossi drappelli di soldati a cavallo con le pistole impugnate percorsero via Toledo: allo sbocco di ogni vicolo è un drappello di armati che fermano ogni persona che passa di là, e la ricercano nelle vesti, e arrestano parecchi. Innanzi la reggia sono aggruppati molti ufficiali e soldati, e aspettano qualche gran fatto. Intanto altri popolani si uniscono, vanno al Carmine da un tavernaio detto monzù Arena capo di realisti, birbone caro al re e alla camarilla: non lo trovano, invadono la casa, rompono tutte le masserizie, costringono il figlio e la moglie ad inginocchiarsi e gridar “viva la costituzione”. Il tavernaio era fuggito, e corse anelante a la reggia a narrare ogni cosa e subito escono soldati a cavallo, e corrono verso il Carmine.
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