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      I popolani si disperdono. Altri assaltano la casa dello Schiavone, il quale gettandosi da una finestra si rompe una gamba ed un braccio: il lazzaro Caporale che portava una bandiera bianca è inseguito, fugge in una casa, si afferra ad una fune per discendere in un pozzo e salvarsi, ma cade nell’acqua e si annega. Nella piazza della Pignasecca serrano le vie con panche e seggiole, poi con le pietre scavalcano due lancieri, e fanno fuggire gli altri. Insomma una parte del popolo, che erano specialmente artigiani, voleva la costituzione.
      Quando il Re seppe questi fatti si batté la fronte, e si volse inviperato a quelli che lo circondavano, e disse: “Mi avevate fatto credere che il popolo era tutto per me, ed io veggo molti che stanno contro di me”. La camarilla sdegnata che la dimostrazione non era riuscita come ella voleva, e che il popolo non si era mostrato avverso a la costituzione, arrestò molti popolani, e fece loro un processo, che fu il processo del 5 settembre.
      Il 7 settembre uscì un’ordinanza che vietava ogni dimostrazione e qualunque grido sotto qualunque bandiera. Il ministero muta: il Bozzelli passa all’istruzione pubblica: all’interno è chiamato Raffaele Longobardi, che già aveva governato la Polizia, ed era magistrato: a prefetto di polizia Gaetano Peccheneda: il Merenda è allontanato dall’uffizio, che egli aveva proprio sporcato, ma ritiene il suo stipendio. La sera di quel giorno il telegrafo annunzia la presa di Messina. Per sette giorni si era combattuto a Messina con gran sangue, e rovine, e la città era mezzo distrutta.


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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