Il giorno 8 settembre non si fa la solita festa di Piedigrotta dove andavano tanti soldati, e accorreva tanta gente: il re senza pompa va per mare a visitare la Madonna, e a ringraziarla della conquista di Messina, e mentre egli prega, in Messina continua il saccheggio, l’incendio e la strage.
Venne la notizia che Demetrio Andruzzi, capitano di artiglieria, colto, bravo, liberale, che aveva cospirato con noi nel ‘47, era morto combattendo contro Messina: partì da Napoli fieramente sdegnato contro i siciliani. L’Andruzzi era uomo di azione, e non poteva patire le chiacchiere degli avvocati: era un uffiziale dell’esercito, e si sentiva ardere il cuore alle ingiurie e contumelie che i siciliani gettavano su tutti i soldati napoletani chiamandoli vigliacchi e sgherri e infami: era liberale, ma diceva che egli era nemico di quella libertà che in Sicilia faceva bollire in una pignatta la carne dei soldati uccisi, e mangiarla con la pasta. E se l’Andruzzi diceva questo, che pur troppo era vero, che dovevano dire gli altri uffiziali, e i soldati stessi? erano non pure sdegnati, ma inferociti, e fecero cose orrende. Chi sa come sono fatti gli uomini, e come vengono in furore non tanto per ferite e morti che si danno, quanto per le ingiurie che si scagliano, le quali pungono con dolore minuto, fitto, continuo, spiegherà come i soldati napoletani non vollero seguire il Pepe, e corsero in Sicilia e combatterono con accanimento e ferocia contro i cittadini. Fa più male la lingua che il coltello.
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