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      Troppo tardi si vide che non si doveva offendere con le parole chi aveva le armi in mano. E i siciliani in ingiurie trasmodarono più che i napoletani, e più patirono. No, io non dirò mai quello che si è detto, ed è stata l’ultima calunnia, che l’esercito napoletano era un branco di vigliacchi feroci. Era un esercito come tutti gli altri, come il piemontese, come l’austriaco, come il francese, ubbidiva al Re, aveva piena fede nel Re, e questa è virtù e forza in un esercito; fece quello che tutti gli eserciti dei Re hanno fatto nel mondo: la colpa fu nostra che lo inasprimmo con parole ingiuriose come fanno le femminette: fu nostra colpa che facemmo come il cane percosso che morde la pietra e non la mano che l’ha scagliata. Povero esercito napoletano, ingiuriato e calunniato da noi stessi! Le vittorie si attribuiscono giustamente al capitano, che è la mente motrice delle mille braccia; e perché le sconfitte, e le male azioni non si debbono attribuire anche al capitano? a quella mente suprema che se è perversa pervertisce tutti?
      FINE DEL VOLUME PRIMO
      1 Via Magnocavallo, case di Don Innocenzo Rossi, poi del Signor Luigi Manzelli. (N.d.A.)
      2 Oggi detto Nova Siri. (N.d.A.)
      3 Si chiamava don Gennaro Campanile. Passò tanti guai il poveretto per quella predica. (N.d.A.)
      4 Donna Cecilia: aveva i denti sporti in fuori. (N.d.A.)
      5 14 marzo 1825. (N.d.A.)
      6 L’arciprete Miele, era tutto bianco nei capelli e acceso di volto. (N.d.A.)
      7 Leandro Giglio e Raffaele Capuano di Cirò. (N.d.A.)
      8 Si chiamava Nicola Tocci ed era calabrese.


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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