(N.d.A.)
14 Michele Viscusi, nato di civile condizione, piacevole, arguto, e beffardo, come napolitano prese a predicare al popolo, e spiegargli che cosa fosse la costituzione. Il nostro popolo abborriva questo nome di costituzione, perché non intendeva altro che o re o repubblica, e ricordava i mali sofferti dal 1820, la venuta degli austriaci, le morti, le condanne, le rovine di molte famiglie. Andava Don Michele nelle piazze più popolose, e montato in alto parlava ad una gran moltitudine, che lo interrogavano, e gli rispondevano. “Sapete che è la costituzione? È come il giuoco del tocco. Il re è padrone del vino, e se lo può bere tutto se ha stomaco, ma se ne vuole dare ad altri deve avere il permesso del sotto-padrone che è il parlamento. La costituzione è come una rota di carro: il re sta in mezzo ed è il mozzo: i ministri sono i raggi, e il parlamento è il cerchio di ferro che stringe in mezzo ogni cosa. E così la rota cammina.” “Don Miche, e addò cammina?” “Mappata di f...! ncoppa a le spalle noste.” “Embé?” “Embé che? Mo sentimmo lo chirchio, primma sentivamo le pponte che ce trasevano dinto a le costate.” “Viva Don Michele!”. Quest’uomo viveva con una donna che era la sua croce: gelosa, capricciosa, indomabile. Un giorno andò su le furie e corse ad un balcone per precipitarsi giù. Don Michele l’afferra per la vita, la trattiene, la calma: poi scende giù su la via, la chiama, ella si fa al balcone, ed egli le dice: “Ora se volete, madama, servitevi pure.” (N.d.A.)
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