Ero salassatore, aveva bottega, viveva: la gente veniva da me, perché mio padre era esattore dei diritti di piazza: ma mio padre perdé l'uffizio, la gente m'abbandonò, io vendetti ogni cosa, e disperato mi posi a fare il carceriere." "Ma non potevi entrare come garzone di bottega, e lucrar più che non lucri adesso? Hai lasciato un mestiere di sollevar gli uomini, ed hai preso quello di tormentarli? Che vergogna per te che hai vent'anni fare il carceriere e per niente? E che farai a quaranta?" Disse che stava cercando un posto di salassatore in un ospedale, e promise di lasciar subito le chiavi.
Erano già passati tre quarti della giornata, e non avendo veduti né i Bianchi né altra persona, stavamo tra dubbi e speranze. Io non potendo più restare disteso su i duri farti, volli levarmi un poco, e piano piano mi accostai alla finestra. Da lontano mi venne veduto Francesco Catalano che stava con la moglie presso una ferrata dell'udienza dei nobili: e cacciata la mano fuori, salutai. A questo saluto fu risposto con molto agitar di mani e di fazzoletti: chiamai Filippo e Salvatore che salutarono anch'essi. Riconoscemmo Michele Pironti, Carlo Poerio, Vincenzo Dono, Cesare Braico ed altri. "Allegramente," gridarono, "coraggio, e non dubitate." Noi rispondemmo di star bene e tranquilli. Quanto ci furon cari quei saluti e quelle parole! I soldati svizzeri si erano fermati nel cortile e guardavano la nostra finestra: sopravvenne altra gente pietosamente curiosa: onde noi per non essere di spettacolo ci riponemmo a giacere.
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Disse Bianchi Francesco Catalano Filippo Salvatore Michele Pironti Carlo Poerio Vincenzo Dono Cesare Braico
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