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      Io non so dire da quante punte crudeli ci fu lacerato il cuore in quel giorno terribile, vedendoci divisi dal caro Salvatore. Ne dimandavamo ogni momento i custodi, i quali or ci rispondevano che i Bianchi lo avevan condotto nella cappella; ora che non si voleva confessare e parlava sempre dei figli: ora che non aveva voluto provare nemmeno una stilla d'acqua. Ne dimandammo don Ciccio, il quale ci diceva: "Io non ho cuore di andare da lui: che posso dirgli? come confortarlo?" Filippo ricordò come nella causa dei militari nel 1822 i soli Morelli e Stivati furono decapitati, e disse: "Con noi faranno lo stesso: hanno scelto Faucitano". Più tardi don Ciccio mi portò una lettera di mio fratello Giovanni, che mi diceva che le nostre mogli erano a Caserta, che per Filippo e per me la condanna di morte era solamente sospesa, che il procurator generale aveva combattuto con tutti per aiutarci. Io mi feci al finestrone del corridoio e salutai il mio caro Giovanni, che mi risalutò con un mesto sorriso ed andò via. Intanto molto popolo e tutta la gente che passava fermavasi per guardarci: onde dovemmo lasciar quella finestra: ma udivamo le confuse voci della moltitudine, che dispersa dalla sentinella si riuniva più lontano. Mentre nella nostra stanza parlavamo della sospensione, e dicevamo: "Chi sa se non ci hanno tratti dalla cappella per maggior tormento; se non ci condurranno ivi più tardi"; ecco entrare subitamente don Ciccio, correre alla finestra, guardare per tutto, e domandarci: "Dove sono le corna?


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





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