Dove è Salvatore mio?
ella diceva. "Sono venuti i Bianchi a prenderlo? perché se lo prendono? io gli voglio parlare per l'ultima volta. Che ha detto il cardinale?" Chiamava mia moglie, chiamava la signora Agresti, e dimandava del marito. Povera donna! stette più ore in questo stato miserando, furono vani i soccorsi che le demmo, e si divise dal marito senza poterlo riconoscere. Venne ancora a vederci l'animosa popolana Marianna, venne la Signora Costanza, la sorella del defunto nostro amico Antonio Leipnecher, venne la Signora Rosalia Cianciulli, donna di gentile famiglia, di gentilissimo cuore, e degna moglie di un caro nostro compagno d'infortunio.
Molte persone ignote chiedevano di vederci; e noi pregammo don Giulio di non lasciare entrare altri che i parenti. O buon don Giulio! quanto fece per voi, quanto dolore sentì per noi! Ma ecco due ignoti che son preceduti da un custode, il quale ci dice: "Questi due signori, amici del direttore di polizia, son venuti per vedervi". Filippo rispose: "E che siam bestie curiose noi?" Eran due brutte facce stupide, che tosto andaron via.
Vennero gli avvocati C. de Vivo, Biagio Russo, Francesco Bax, e l'egregio Federico Castriota, che tanto aveva fatto e detto per noi. Ci dissero: "Il procurator generale vi fa sapere che alle 3 pomeridiane partirete: voi andrete all'ergastolo, gli altri ai ferri". "E non ci si leggerà la grazia?" "Nulla: un ordine è venuto come fulmine: tutto è pronto: onde voi preparatevi." Molti de' nostri partirono per prepararci il necessario.
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