Leggala Vostra Eminenza, e preghi Iddio per me e per i miei compagni, affinché in questo luogo terribile in mezzo a terribili uomini e terribili delitti, ci mantenga il cuore e l'anima pura, affinché dove tutti lo maledicono noi possiamo benedirlo sempre, ed offerire a Lui in olocausto tutti questi immensi ed immeritati dolori. Leggala, e poi dica al principe un'altra parola per noi. Se per calmare gli sdegni di parte, se per ritornare la pace al nostro paese, se per far cessare tanti dolori, tante lagrime, e tante e sì diverse sventure, bastassero le nostre pene ed il sangue nostro, noi volentieri offeriamo i nostri capi. Sia di noi quello che Iddio ha destinato, quello che il principe vorrà: ma che le nostre lagrime sieno le ultime, che nessun altro soffra quello che noi soffriamo: sia pace a tutto il reame, e noi saremo lieti di bere noi soli il calice di tutte le amarezze. Questi sono, o Eminentissimo, i nostri sentimenti, e vorremmo che l'augusto principe li conoscesse: preghiamo non per noi, ma la gloria sua, per la pace di tutti. Vostra Eminenza che è dotata di tante virtù vere e cristiane, e che è l'ottimo tra i pastori, voglia portare innanzi al trono questi sinceri nostri desiderii e la benedetta parola di pace, che Iddio e gli uomini gliene daranno merito.
Riverente coi miei compagni di sventura di Vostra Eminenza.
Ergastolo di Santo Stefano
10 febbraio 1851.
Devotiss. obb. servitori
Luigi Settembrini, Filippo Agresti,
Salvatore Faucitano.
Racconto di mia moglie
[il primo]
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