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      Non conosciamo noi il processo? non abbiamo udite le difese degli avvocati? Non abbiamo udita la difesa che si ha fatta Luigi? Tutto è analizzato, tutto è chiarito: perché dobbiamo temere? Sono certa che non usciranno di carcere se non quando Iddio avrà pietà di questo sventurato paese. Non credo che i giudici saranno tanto scellerati, non credo che si giungerà a tanto; ma se non fossero capaci di tutto non sarebbero giudici in questi tempi: ma non sono tutti crudeli..." Mentre così parlavamo nel mezzo del cammino una donna ci avvisò che alcune signore ci chiamavano. Ci volgemmo e vedemmo la signora Cecilia moglie di Vincenzo Dono tuo compagno di causa; e la sorella. Giunsero a noi mezzo convulse e preseci tutte per braccio, dicevamo: "O che giorno è questo per noi! sino a che non sapremo la decisione staremo come morte". Pure ci davamo coraggio scambievolmente, e pregavamo Iddio che avesse dato lume a chi stava decidendo della nostra sorte. La signora Cecilia mi narrò come a stenti aveva potuto vedere il marito per poco, ed io le narrai come aveva trovate maggiori difficoltà per vederti, e come infine dopo di aver parlato invano col commessario, dopo non aver voluto ascoltare gli avvocati che mi consigliavano di ritirarmi, Raffaello aveva ottenuto il permesso dal procurator generale, ed io ti aveva veduto; come tu mi desti quella lettera che io aveva in mano, e non aveva letta ancora. La buona Cecilia mi guardava con gli occhi pieni di lagrime e mi disse: "Stiamoci tutti uniti in mia casa, che è la più vicina alla Vicaria: acciocché appena anderanno i gendarmi a San Francesco per prendere mio marito e gli altri e condurli ad ascoltare la decisione, noi saremo subito avvisate ed andremo anche noi". Mi piacque ed andammo tutti in casa Dono accompagnate da Giovanni tuo fratello.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





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