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      Nella parte più alta di Santo Stefano, sono alcune rovine di una villa, che serba ancora il nome di casa di Giulia; e son poche mura di fabbrica reticolata, alcune pareti che serbano vivi i colori onde furon dipinte, qualche pavimento a mosaico, ed una cisterna ancora buona ed usata. Un secolo fa cavandosi la terra vi fu trovato un sepolcro, che da una lapide, ora serbata nel Museo di Napoli, si conobbe essere stato di un Metrobio, liberto di Augusto prefetto di Pandataria, e quivi morto: il quale forse fu il custode ed il tormentatore della misera Giulia. Tiberio vi mandò Agrippina, la magnanima moglie di Germanico, e ve la fece morire. Caligola divenuto imperatore venne in Pandataria, tolse le ceneri della madre, e quelle dei fratelli morti in Ponza, e le portò in Roma onoratamente. Nerone vi chiuse l'infelice Ottavia sua moglie, e dopo di averle ucciso il padre ed il fratello, averla sprezzata e posposta a Poppea, fattala accusare dal carnefice Aniceto, a vent'anni le fe' segare le vene in un bagno. Cornelio Tacito, grande scrittore di grandi sventure, ci lasciò queste memorie: e se fossero rimaste tutte le sue opere, avremmo anche conosciuti i dolori della buona Domitilla congiunta di Domiziano, la quale perché non temette di confessarsi seguace di Cristo, fu qui relegata dal ferocissimo tiranno.
      Caduto l'impero romano, queste due isole furono soggette ai greci imperatori, che le aggiunsero alla signoria de' duchi di Gaeta. Nell'anno 813, saccheggiate dai barbari che correvano il mare, rimasero deserte d'abitatori ed incolte: pensomi che nelle miserie e nell'ignorante obblio di quel tempo Santo Stefano perdette il suo nome antico.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





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