Un mostro fece incesto con sua madre, e saputo che suo padre usciva dal carcere, con lei gli va incontro, e l'uccide: dannato a morte, ebbe grazia dal principe, ma nell'ergastolo fu ucciso per volere di chi è più giusto de' principi. Un altro uscito di galera dice alla madre mendica che la sera gli faccia trovare certi denari: la misera non li raccoglie dall'elemosina: lo scelleratissimo la lega al letto, v'appicca fuoco e parte: alle grida accorron le vicine e salvano la vecchia mal viva. Per altri delitti costui fu mandato all'ergastolo, dove perì pugnalato. Un bottaio giocava in una cantina e poco lavorava: la moglie un dì manda a chiamarlo per un figliuoletto: quegli dal giuoco e dal vino renduto bestia, scagliasi sul fanciullo e con un temperatoio lo uccide. Or piange continuamente, ha quasi perduto il senno, e non sa morire. Presso Lecce un ciarlatano, ingannato ed ingannatore, persuade alcuni contadini, che sotto le macerie di una cappelluccia era nascosto un gran tesoro, che poteva trovarsi uccidendo un fanciullo. Una notte un romito che abitava presso la cappelluccia ode un lamento di un fanciullo, che dice: "Mamma mia, aiutami"; riconosce il ciarlatano ed i contadini, e li denunzia. I giudici inorridiron del misfatto, ma non sapendo o non volendo trovarne l'autor vero, perché avrebbero dovuto punire chi vuol tanta ignoranza, condannarono quattro di quelli sciagurati all'ergastolo. Un giovin di diciotto anni, di agiata ed onorata famiglia, educato assai gentilmente, di svelto ingegno e di persona bellissima, studiando in Napoli abitava in casa di una signora vedova, che appigionava stanze a varie persone.
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Lecce Napoli
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