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      lo rubarono ancora. Fu scoperto il fatto e la vergogna: e l'innamorata donna, sia che non lo credesse colpevole, sia che per aiutarlo volesse mostrare che tra le due famiglie non v'era odio di sangue, sia per altra ragione, ebbe cuore di sposare il fratello di chi gli aveva tolto il padre. Il giovine dannato a morte, bevve un veleno, ma fu fatto vivere per seppellirlo nell'ergastolo, dove sta da trent'anni, ed ancora si strugge d'amore e piange miseramente. Io non voglio dire, né ricordarmi di altri, che la mano non mi regge a scrivere: immagina qualunque più nefanda scelleratezza, e tra questi uomini la troverai.
      Ed in questo ergastolo, tra questi uomini stiamo venti prigionieri politici, sei ergastolani, quattordici condannati da venticinque a trent'anni di ferri. Questi ultimi son tutti povera gente, condannati per avere con parole sparso il malcontento contro il governo; e tra essi sono sei miseri contadini di Gragnano, che la corte criminale di Napoli condannò come appartenenti ad una setta così detta Repubblica. Nell'ergastolo è Gennaro Placco giovane albanese calabro, che combattendo valorosamente a Castrovillari, perdé l'indice della destra mano: è Giovanni Pollara siciliano, che nello stesso combattimento perdé un occhio e mezzo naso; e siamo noi quattro E[milio] M[azza], S[alvatore] F[aucitano], F[ilippo] A[gresti] ed io L[uigi S[ettembrini].
      Per noi si usa più rigore che per tutti gli altri: e solo quattro de' nostri compagni condannati ai ferri, disperati per la miseria, fanno i cucinieri ed i serventi per guadagnar qualche cosa.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





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