Avevi due anni, eri nato il dì 8 aprile 1837. Io fui arrestato, tu cercasti invano le cosette dolci che ti soleva portare tuo padre: venisti a vedermi, e capisti la tua e mia sventura. Ti rividi dopo due mesi in Napoli nella prigione di S. Maria Apparente. Ma tu non eri più desso: eri sfiorito, non più quei bei capelli, non più quel sorriso, gli occhi soli eran tuoi, ma erano ammalati: mi vedesti, mi abbracciasti, ti addormentasti tra le mie braccia. Poco dopo avesti una sorella: o cara, o infelice, o diletta figliuola mia Giulia: la tua nascita mi fu annunziata da un custode mentre io ero in una segreta, e mentre ripensava ai dolori ed agli stenti di tua madre. Buon per voi, o figli miei, buon per voi che non sapete, e non ricordate quello che nella prima vostra età soffriste voi e i vostri genitori. Sono dolori senza numero e senza nome, sono strazi di cuore che al solo ricordarli fanno spavento! Quanto soffrì vostra madre non è mente umana che possa immaginarlo. Figli miei, siate voi tanto felici quanto sono stati miseri i vostri genitori.
Veniva mia moglie nel carcere a visitarmi: e nel carcere vidi la prima volta e baciai la cara mia Giulia: bambina leggiadra come una stella, e poi tutta piaghe per la persona, anzi una piaga sola, perché nutrita dal latte di sua madre, che pativa ogni tormento fisico e morale, persino la fame, la vera fame! E non era allora chi avesse avuto pietà di lei, che avesse saputo i suoi dolori, altri che io e voi, o figli, che tutto vedevate, ma non comprendevate nulla, e poi tutto dimenticaste.
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Napoli S. Maria Apparente Giulia Giulia
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