La Giulia stava seduta sul letto, e non parlava. Io l'abbracciai, ed ella mi si strinse al collo. Oh che scena fu quella in una casetta di una stanza nel vicolo Paradiso! che scena di pietà e di amore. Che gioia fu per me assidermi a mensa con mia moglie ed i miei figliuoli, e gustare un'insalata di lattuga, del pane, e del vino, che fu la miglior cena che la misera moglie mia poté darmi in quella festa. Io era felice, io era beatissimo, io mi stringeva tutti insieme mia moglie ed i miei figli, io ero in una stanza che potea dir casa mia. La Giulia non parlava, ma pareva occupata da un solo pensiero: la notte si svegliava più volte, e dimandava alla madre: C'è papà? E poiché la madre le diceva di sì, ella voleva toccarmi la faccia, e poi tornava ad addormentarsi. Da che io fui libero, la mia figliuola fu sana; ogni giorno più andava in meglio, e sua madre ed io benedicevamo Iddio. Mi ricordo che la prima volta che menammo i figli a spasso in carrozza, la Giulia, che non v'era mai stata più, temeva e rideva di un riso convulso, e Raffaele rideva anche egli, che v'era stato solo una volta, ma era più grande.
Mi posi a lavorare: faticosamente lavoravo, ed ero lieto di poter temperare i dolori della infelicissima donna mia che per tante sventure ebbe implacabile malattia nervosa, e con lei mi consolava vedendo crescere i due nostri figliuoli, che formavano la nostra cura, e la nostra gloria. Con che amore e con che fatica la madre cuciva loro begli abitini, e cercava si avvezzassero alla nettezza ed al decoro: quanto ella faticava in casa, quanto io fuori: appena avevamo quanto bastava a soddisfare ai nostri più stretti bisogni!
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