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      Deh, serba i due non vecchi tronchi, ma sfrondati e spogliati, serbali finché crescano questi due rampolli. Fa che gli occhi di mia donna ed i miei veggano felici i nostri figli, e poi si chiudano in pace. Niente al mondo ora più m'importa, niente più mi piace, se non i figli miei. Tutt'altro ho perduto, tutt'altro mi disgusta, tutt'altro non mi fa colpo nell'anima, che ho provati tutti i dolori, tutti, fino ai dolori della morte. Avevo gioventù, se ne è ita disfiorata tra gli orrori dei carceri, avevo una scintilla d'ingegno e la sento diminuita: mi deliziavo negli studi, ed ora ogni studio m'incresce, il bello delle arti non mi fa più palpitare il cuore: il vero delle scienze non mi innamora più la mente: conosco che nulla ho saputo, che nulla ho fatto, sento vergogna di me stesso, mi adiro con me stesso perché avrei potuto pur fare alcuna cosa grande, sentivo in me una potenza che mi urtava a farla, e non ho fatto nulla. E che potevo io fare, se gli uomini e la fortuna si sono uniti contro di me? Ho lottato con gli uomini e la fortuna, sento che non sono stato interamente vinto, ma non sono stato io vincitore. Come darmi agli studi se ho dovuto faticare per vivere? se ho guadagnato appena tanto da disbramare la fame? Se ho tratti lunghi anni nel carcere? se è meraviglia a me stesso se ancora io penso? O quanto vero mi è nascosto, e che io sento che è, e che è a me nascosto, e non posso gustarlo! o quanto bello è chiuso agli occhi miei! Studiai a caso e di furto, nacqui e crebbi sol pel dolore: e tra i dolori non è ultimo questo immenso desiderio di conoscere che mi tormenta l'anima, e che mi fa accorto della mia nullezza, che mi avvilisce innanzi la mia coscienza, che mi strazia sempre e non mi dà posa mai.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356