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      Invano lo tento di scusare me stesso: il fato mi opprimeva, ed io doveva lottar col fato, e superarlo. Ma che dico io? io nacqui a patire e sento che Iddio non mi ha dato la mente se non per conoscere maggiormente il mio patire. Forse su di me Iddio ha voluto accumulare i dolori miei e quelli destinati ai miei figliuoli: se così è, son contento. Ma perché deve patir meco quella sventurata donna? Perché tanti dolori fisici e morali anche per lei? Che fece ella? che peccato commise? Perché quelli pochi che mi amano devono sofferire anch'essi?
      Si dice che anche il dolore ha i suoi piaceri. E questi piaceri torbidi soli questi io ho gustati. No, io mentisco, io calunnio Iddio che mi si è mostrato padre amoroso, e pietoso sempre, sì sempre. Non fu solamente beato per me il giorno in cui vidi gli occhi della mia donna, in cui l'amai, in cui l'ebbi mia, in cui ella mi diede la prima volta un carissimo figliuolo: non fu solamente beato per me il giorno in cui uscito dal carcere abbracciai in un gruppo la mia famiglia; no. Iddio benedetto mi ha dato altri giorni di consolazione che io ingrato dimenticavo. Nei più acerbi dolori ho sentito una pace ed una serenità di coscienza, che mi ha compensato di ogni dolore. Gli uomini che sono detti felici nel mondo hanno essi questa pace serena? Io nol so, perché sono stato sempre infelice, ma io l'ho sentita e la sento: e però ne ringrazio e lodo Iddio anche nell'ergastolo in cui sono.
      O che cosa tremenda è questo ergastolo! che pena inesplicabilmente tormentosa!


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





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