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      Ho l'anima anche sozza, sento tutta la bruttura, l'orrore, il terrore del delitto, e se avessi rimorso mi crederei anch'io un malvagio. L'anima mi si va guastando, mi pare che anch'io ho le mani lorde di sangue e di furto: ho dimenticata la virtù e la bellezza.
      O mio Dio, o Dio padre degli sfortunati, o consolatore di chi soffre, deh salvami l'anima da queste sozzure: e se hai scritto che io qui debba finire la mia vita dolorosa, deh, fa che venga presto questa fine. Tu il sai, il dolore non mi spaventa né mi vince: io sopporto la mia croce, io la trascino anche camminando con le ginocchia per terra: ma io temo di divenire un malvagio, io temo che l'anima mia diventi scellerata, io già non la riconosco più. Come io ti verrò innanzi con quest'anima? Richiamami presto: che fo io più su la terra, anzi su questo scoglio di dolori e di miserie, grave a me stesso, inutile agli altri? Fammi la grazia della morte, giacché gli uomini per tormentarmi mi han fatto la grazia della vita.
      Omnia perdidimus, tantummodo vita relicta est,
      praebeat ut sensum, materiamque malis.
      Io sfido tutta la barbara e la civile crudeltà a tormentarmi, pestarmi, lacerarmi, dilaniarmi queste fragili membra, questo corpo debole: eccovi le mani, legatele con le funi e le manette: eccovi i piedi, stringeteli co' ceppi: saziatevi delle carni e del sangue mio: ma non mi guastate l'anima mia, l'anima mia son io: sull'anima mia non han potere gli uomini: una cosa teme l'anima mia, il delitto. Il mondo non lo sa né lo concepisce, pochissimi lo sanno e lo sentono, che il primo di tutti i dolori possibili ed immaginabili è vedersi guastare l'anima.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





Dio Dio