Avendo serbata buona condotta egli spera che compiuti trent'anni sarà libero, come già molti altri: e questo pensiero lo fa stare in una lieta stupidità, e beffare gli altri ergastolani, i quali perché dannati a morte ed aggraziati non hanno questa speranza.
Il secondo è un altro contadino abruzzese del contado di Chieti, di sessantaquattro anni, secco asciutto, senza barba, con l'aria, il contegno, il sussiego, la cravatta, e le labbra strette del giudice criminale Scudieri suo parente, il quale, mettendo da banda i costumi, era un gran legista perché sapeva leggere e scrivere con pochi errori, e citare gli articoli del codice senza sbagliarne i numeri. Io dunque gli ho messo nome il giudice, e però è poco, perché a vederlo e a udirlo parlare è un uomo di grande affare, un de' più nuovi matti ch'io m'abbia veduto. Non sogna e non parla d'altro che di grandezze, di signori, di feste, di belle donne, di piaceri: dice, e lo crede, che ha nascosti millecentotredici ducati, in monete d'oro e di argento, ed or li seppellisce sotto una ficaia, ora a pie d'un muro, ora li mura nella parete d'una casa, ora li mette in una pentola di rame venti palmi sotterra. Da un altro ergastolano si ha fatto dipingere o meglio imbrattare sopra una carta la pianta di un gran podere con in mezzo un casino: nel podere un colore segna l'oliveto, uno il vigneto, un altro il seminatorio, un altro l'orto: nel casino vorrebbe far vedere il disegno di poche stanze, di una gran cantina, gran pollaio, grandissima cucina.
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Chieti Scudieri
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