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      Oh il tuo nome qui nol profferisco mai, perché mi parrebbe di contaminarlo.
      Sai che mi ritorna sempre a mente? Il primo sguardo tuo quand'io ti vidi la prima volta e t'amai, la prima parola che tu mi dicesti. Era l'aprile del 1834: io aveva ventun'anno, tu sedici. Che amore! che ebbrezza! quant'era bello il mondo! quanto sereno il cielo! come suonava la voce tua, come splendevano gli occhi tuoi! che divina bellezza ti dipingeva tutta la persona! Io ne ricordo, e ancor tremo e palpito d'amore. Sì, tu sei ancor quella, gli occhi tuoi hanno la stessa luce, le tue parole la stessa melodia: io t'amo con la stessa caldezza, benché passati tant'anni e tante sventure. Ricordi tu quel bacio, il primo bacio che io ti diedi quella sera! Oh, perché mi dicesti che m'amavi? Povera fanciulla, angelo di bellezza e d'innocenza, tu non sai quante lagrime e quanti dolori tu avrai per questo giovane sfortunato, cui dài l'amor tuo: non amarlo... No, no, amami o angelo consolatore, perché Iddio t'ha creata per amare e consolare una sventura.
      Se alcuno leggesse queste parole che io scrivo certo riderebbe di me e del mio amore. Ma tu, non ne riderai tu, o diletta mia. Chi non ha sofferto come noi, non può intenderci, non capisce che la sventura accresce ed affina l'amore. Oh, se questo amor nostro è una dolcezza inesplicabile, è un balsamo soave sull'anima lacerata, è una luce, è una armonia che ci fa pure sopportabile questa sventura, ringraziamo il sommo Iddio che ci ha dato la sventura e l'amore.
      17 settembre 1854.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





Iddio Iddio