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      Povero passerino,
      gli dissi io: "è simile al povero Gennarino che al primo volo che spiccò dal nido cadde nell'ergastolo." "Sì davvero," mi rispose, "e lo voglio educare, perché la sorte sua è simile alla mia."
      Spesse volte egli discorre meco della lingua e della poesia albanese, mi recita e mi spiega molte belle canzoni, alcune fatte da lui all'improvviso, e che la notte andava cantando per le vie del suo paese innanzi le case delle amate donne. Mi descrive le usanze, le cerimonie, i riti che usano nei funerali, nelle nozze, nella nascita dei figliuoli; mi narra come le donne credono ciecamente alle fatture e agli stregoni, e come egli, l'astuto seminarista, le dava a bere a quelle poverette certe sue trappolerie per carrucolarle ai suoi voleri, e mi vuol far credere che esse cadevano spaurite dalle sue baie, e non prese dai suoi occhi lucenti e dalla bella giovinezza che gli fioriva sul volto. Mi dipinge i suoi monti, il suo paese, la sua casa, la sua famiglia tutta quanta, il collegio di San Demetrio, i suoi studi, i suoi compagni, le sue follie, le sue audaci imprese d'amore: come la notte dalla finestra della sua stanza si calava per una fune e andava a cantare ed amoreggiare: come al tempo della mietitura egli andava in campagna per ischerzare con le spigoliste, e come si mescolava alla gioia delle fanciulle che spannocchiavano il gran turco. È usanza di queste fanciulle che quale trova una spiga rossa di gran turco deve dare un bacio a chi ella vuole, e poi rompe la spiga.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





Gennarino San Demetrio