Poi mi ritirai al forno, e mi posi a dormire sopra una tavola. Stavo facendo un sonno saporitissimo, quando mi sento rompere le ossa: apro gli occhi e vedo la spagnuola che con una pala del forno mi menava forte, ed io strillava più forte per farle capire che mi faceva male assai. Poi la signora mi chiamava, e innanzi molti galantuomini mi faceva contare come io rubai la criata. Giovanotto, con un cervellaccio pazzo, ne ho fatte, e ne ho fatte! la polizia m'acchiappava, e ma mamma correva dal cancelliere, portava, racconciava i guasti. Povera mamma! Povera mamma mia!"
Non è a dire se Francesco prese parte alla rivoluzione di Reggio del 1847: fu preso, battuto, strapazzato da persone di una certa contrada detta la Sbarra, e poco mancò che non fu fucilato. Quando narra questo fatto egli esce di sé, spalanca gli occhi, li fissa sul muro, sovra un letto, sovra una seggiola, sovra un orinale, e scuotendo il capo e col braccio e il dito teso: "Ah, Sbarroti," dice, "santo diavolo! debbo distruggere la Sbarra! Su, portate i cannoni: io sono il generale: assalite, mi ricordo quello che hanno fatto a me". Nel 1848 fu nelle bande armate di Calabria. Una notte una banda alloggiava in un casino, stavano coricati in un grande stanzone: Francesco mezzo brillo faceva la guardia fuori. A un tratto le travi che sostenevano il pavimento dello stanzone, si piegano, si spezzano nel mezzo, e tutti uomini, armi e masserizie fanno un mucchio senza grave danno di nessuno. Sbigottisce il povero Francesco, scende giù, apre una porta per fare uscire la gente, stende le mani, tocca una cosa pelosa, dice: "Fratello, ti sei fatto male?
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