Sono stato lungamente a riguardare questo spazio di mare, quest'isoletta vicina, e quelle lontane, quei battelli dove vedevo muovere uomini, quel camposanto dove dormono per istanchezza di dolori alcuni disgraziati compagni, e le onde dell'infecondo mare, e il cielo dipinto dalla benedetta luce del sole, e sentiva venirmi sul volto, entrarmi nei polmoni un filo d'aura vitale che mi ha ristorato le forze, mi ha messo nell'anima quella dolce malinconia che spesso ho sentito al suono d'uno strumento musicale, mi ha armonizzata la vita ed il pensiero. Mentre così stavo, io sognavo ad occhi aperti, e mi veniva a mente il mio caro figliuolo che ora va scorrendo i mari, e che non so dove ora sia, che son circa quattro mesi e non ho sue lettere: e mi ricordavo quando lo vidi e lo benedissi l'ultima volta il 18 dicembre 1851 prima che egli partisse per l'Inghilterra. Chi sa che fa ora il povero figliuol mio, che patisce e quanto patisce! Chi sa se potrò più rivederlo! Egli ha già diciotto anni! oh quanto vorrei vederlo! Se il legno dove egli è navigasse per queste acque, se da lontano ei vedesse questo scoglio, e il tetro ergastolo sulla cima di questo scoglio, oh che sentirebbe il povero figliuol mio a questa veduta! Che dolore, che strazio avrebbe il povero giovane?
Mentre così pensavo e stavo per più profondarmi in questo doloroso pensiero, mi sono sentito una mano su la spalla, e Gennarino mi ha detto: "Che guardi?" "Il mare ed il cielo," ho risposto. Sono sopravvenuti altri, ed io mi sono allontanato da quel pensiero e da quella finestrella.
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Inghilterra Gennarino
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