La quale è già chiusa, perché è notte, e ciascuno al suo posto o legge, o scrive, o mangia, o fuma, o fa niente: ed io spiegato un rozzo tavolino sul quale la sera Gennarino ed io sogliamo leggere e scrivere, ho presa la penna, e questo quaderno di memorie che da quaranta giorni non vedevo e non toccavo più, e in esso mi sono messo a scrivere a caso come gitta la penna.
Sono passati quaranta giorni: e che ho fatto? Ho sofferto: non potrei, non saprei dire che ho sofferto: il corpo è stanco e disfatto, l'anima torpida e dormente. Sono quattro anni da che dormo nell'ergastolo: e sono come il ghiro che nel verno dorme e si nutrisce la vita coi succhi e col sangue acquistato mangiando la state: così vivo anch'io, e nutrisco la vita della mia mente con le ricordanze del passato. In questi giorni ho letto due volumi del Cosmos dell'Humboldt libro stupendo, che vorrei rileggere e studiare, e non so se mi sarà possibile. Il disprezzo, la dimenticanza in cui siamo tenuti, e l'ignoranza, o voglio dire anche la bonarietà di chi ci ha in custodia, non fa guardare a' libri che abbiamo. L'ergastolo senza libri dev'essere (vedo chi non legge) un tormento inesplicabile. La mattina traduco Luciano, l'altre ore del giorno che posso studiare piglio una grammatica inglese, perché m'è venuto in mente d'imparar questa lingua. Io non so se sia l'età in cui sono, o se sia la mia mente che non è più capace di ritenere ciò che leggo, io profitto pochissimo. Forse imparerò a capire qualche scrittore inglese, m'inchioderà di forza nella memoria quelle benedette parole che non so, né altri qui sa dirmi, come pronunziarle; ma credo che se un giorno m'incontrerò in qualche inglese, non saprò dirgli altro che good morning.
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Gennarino Cosmos Humboldt Luciano
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