Spesso mi ricorda che molti scrissero opere pregevoli, o acquistarono grande pratica in un'arte stando in carcere, come Antonio Serra che scrisse il suo libro che fu la prima opera di economia, nella prigione di Castel Capuano; Tommaso Campanella che in carcere scrisse quasi tutte le sue opere; il Paganini che in carcere diventò un mirabile suonatore di violino: e tanti altri dei quali ora non mi ricordo i nomi. Sì, ma nell'ergastolo non si pensa: almeno io fra gente come questa non mi sento l'ardire di pensare. In una prigione perpetua, sovra uno scoglio, dove la vista del mare e di un'isoletta è un piacere concesso a pochi, lontano dal mondo, lontano da ogni immagine di bellezza e di virtù, nell'ergastolo il pensiero muore dopo poco tempo, rimane solo il corpo che vegeta come pianta stentata, cresciuta all'ombra, ammalata e fiacca. Non vorrei dirlo, perché mi fa orrore e ribrezzo a me stesso che ormai sono usato a vedere e sentire ogni più grande nefandezza: ma pure il dirò. Cinque o sei giorni fa un forzato fu messo su lo scanno, e lo scrivano lesse un ordine pel quale quel malvagio aveva avuto legnate per avere stuprato un fanciullo di otto anni, figliuolo di non so quale impiegato dell'ergastolo, e tentato di gettarlo a mare. Le grida di tutti gli ergastolani che all'udire l'orribilità del misfatto, incitavano i battitori a menare senza pietà, avrebbero distratto Archimede. E ieri altre grida simili e fischi contro un ergastolano, il quale per aver rubata e stuprata una gallina ebbe cinquanta legnate, mentre gli era tenuta sotto il muso la gallina morta.
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