Il vero è quel punto, quel corpo, che non si sa se sia scuro o luminoso, mobile o immobile, se esista o non esista, intorno al quale dicono gli astronomi che giri il sole del nostro sistema planetario, e gli altri soli che sono negli spazi interminabili dell'universo. Io ho cercato, e non l'ho trovato: io l'ho amato e son rimasto deluso e addolorato. Foss'egli il dolore? foss'egli la morte? Oh! dovrò saperlo una volta.
Che cosa ho scritto? Io nol so, né voglio rileggerlo, so che sto male assai, e che una cupa malinconia mi fa aborrire me stesso e tutte le cose e gli uomini che mi stanno intorno. Capisco che sono ammalato: che questa stizza, che quest'ira bestiale e sciocca mi passerà fra pochi dì: ma finché dura, so io che sento dentro, e che scuri pensieri mi si attraversano biechi per la mente!
Santo Stefano, 8 febbraio 1855.
Sull'anima mia è passata una tempesta. Una volta anche io serbava l'imperturbabile serenità del savio, e temperava le amarezze con lento sorriso: ora mi sento dai piedi salirmi un fuoco alla testa, e poi battermi forte il cuore, e velarmisi gli occhi.
Oh come mi ha trasfigurato l'ergastolo! Alle pene fisiche mi sono già abituato: alle pene morali non mi abituerò giammai, soccomberò sì, ma combatterò sempre, mi difenderò sempre il cuore, che è la mia rocca, la mia inespugnabile fortezza. Oh povera mente, povero cuore mio, quanti nemici assaltano l'uno e l'altra! Mi viene a piangere quando riguardo me stesso, e miro la mia mentale e morale dissoluzione. No, no, non mi vincerete: io combatterò sino all'ultimo, finché mi palpiterà il cuore.
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Stefano
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