Oh tremendo ergastolo! oh angoscioso ergastolo che mi squarci tutte le fibre della vita. Oh, mi si spezzasse il petto, e la finissi una volta per sempre!
Santo Stefano, 5 marzo 1855.
E quel che più ti graverà le spalle
sarà la compagnia malvagia e scempia,
con la qual tu cadrai in questa valle.
Sì, questo è il peso che più mi grava le spalle, e poco mi giova l'avere fatta parte da me stesso.
Oh, vorrei non esser nato uomo.
Santo Stefano, 17 marzo 1855.
Oh quanti strazi, oh che crudeli strazi di cuore sono nel doloroso ergastolo! Il mio povero amico Gennarino ha ricevuto in una lettera di suo zio la novella che suo fratello Luciano, giovane di ventisette anni, marito e padre di due angeletti, fu assassinato dai ladri. Già il mio amico sapeva che suo fratello dormendo una notte, che fu quella del 17 settembre dell'anno passato, in una casetta di un suo podere, fu preso, e menato via da alcuni ladri, i quali richiesero per riscatto una grossa somma di danaro, ed ebbero settecento trenta ducati: ma il giovane non fu rimandato. Alla dolente famiglia molti per pietà, per malizia, per iscellerata voglia di guadagno erano andati a dire ora che i briganti erano usciti fuori della provincia, ora che erano stati veduti col giovane al tal luogo, ora al tale altro: e la famiglia diceva: "Se sono briganti vorranno altro danaro, noi lo manderemo, e Luciano tornerà". Anche Gennarino era in questa aspettazione, e da quattro mesi attendeva che una lettera gli dicesse: "È tornato". È venuta una lettera, e gli ha detto: "L'infelice tuo fratello Luciano fu assassinato forse la stessa notte che i ladri ebbero il danaro": lo zio gli narra come fu discoperto l'orribile misfatto.
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