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      Potessi rimanere in questa quiete sepolcrale, sì, ma quiete, per tutto il tempo che dovrò penare nell'ergastolo! si arrestasse a questo punto il disfacimento dell'anima mia, la scomposizione del mio pensiero, l'amarezza che mi circola per tutte le vene col sangue e mi fa battere più forte il cuore. Avessi una stilla di pace, un raggio debolissimo di luce nella mente: si rompesse questa gran tenebra che mi circonda!
      Nella nostra stanza, quasi a ricordarci che stiamo nell'ergastolo, sono due altri ergastolani: uno che ci serve, ed un altro che custodisce le biancherie e le masserizie dell'ospedale, che sono poste in un'altra stanza precedente alla nostra. Ogni giorno il mio buon Gennarino mi manda una lettera affettuosa, ed io ogni giorno gli rispondo. Quanto mi duole che sono diviso da lui! Se potessi serbare le lettere che egli mi scrive, e che io a lui scrivo, resterebbe una anatomia di strazi e di tormenti che vincono ogni immaginazione, e forse si vedrebbe un nuovo genere di conforti e di consolazioni che due amici in una grande sventura si scambiano tra loro. In queste carte io non iscrivo tutto quello che sento, e che penso, e che vedo, e che odo: perché se anche avessi la forza di farlo, come e dove nascondere queste carte? Se sono prese e lette, non offenderanno nessuno. Io le scrivo non per narrare altrui ciò che patisco, ma per poter un giorno leggerlo io, e ricordarmi di queste sventure. Io potrei dimenticarmi, io temo di perdere anche la memoria: saria veramente doloroso per me se dimenticassi anche queste sventure, che son l'ultima cosa che mi rimane, e quasi direi mi son divenute care.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





Gennarino