Dunque bisogna andare a Torino a parlare al ministro Cavour. Andai a Torino con Raffaele, vidi Pier Silvestro Leopardi, Camillo De Meis. Parlai al conte di Santa Rosa che mi accolse gentilmente, e disse a me che avrebbe fatto ogni suo potere, e poi disse a qualche altro:
Ne abbiamo troppo di questi repubblicani come il giovane Settembrini". Parlai col Mamiani, e neppure potei giungere al Cavour. Infine Lorenzo Valerio disse: "Ma questa è una vergogna che la moglie di Luigi Settembrini non possa parlare al Cavour", e subito mi fece ottenere l'udienza. Il Cavour mi accolse con la solita sua cortesia, e disse a Raffaele: "Ricordate che abbiamo desinato insieme in casa Panizzi?" "Lo ricordo." "E perché avete voluto il congedo?" "Per la stessa ragione che lo volle V. E. quando era militare." "Bene: vedremo quello che si può fare. Esaminerò le carte. E così che si fa in Napoli?" "Si soffre, signor conte. Voi avete un re galantuomo, noi abbiamo una belva." Il Cavour si commosse e soggiunse: "Ci sono molti che desiderano il Murat?" "Io posso assicurare Vostra Eccellenza che sono pochi." "E vostro marito?" "Mia marito mi ha scritto molte volte che egli vuole meglio il Borbone che il Murat: perché l'uno è un male vecchio e paesano, e l'altro sarebbe un male nuovo e forestiero" "Davvero?" "Oh, sì, né egli né lo Spaventa accetterebbero il Murat." "Dunque meglio restare nell'ergastolo?" "Essi dicono che è meglio non per loro, ma pel nostro paese." "E in che sperano dunque?" "Nel re galantuomo.
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