La mia guida era un uomo accortissimo. Il viaggio non era continuo, [non] per non mostrare d'aver fretta, ma si stava un giorno o due in ogni città come se ci fossero affari da sbrigare o si andasse a diporto. Io rimaneva nell'albergo, egli andava girando e fiutando. Non voleva che io portassi gli occhiali verdi che davano sospetto: e come mi vedeva pensosa ed afflitta: "Coraggio signora, bisogna mostrare indifferenza". Si giunse a Roma, ed io volli un po' vedere Roma, e andai attorno sola: e Roma mi fece dimenticare per poco i guai miei. Partimmo da Roma in carrozza, dove entrarono ancora due signore romane che venivano in Napoli. Queste mi fecero mille domande alle quali io rispondeva con monosillabi, o con pochissime parole: "Oh ella dev'essere molto infelice, signora: codesto suo marito non si cura di lei, e pare molto inferiore alla sua condizione". Io mi stringeva nelle spalle. "Noi veniamo in Napoli, e vogliamo vedere il re che ci si dice essere un bell'uomo, e poi tanto buono. Conosce Lei il re?" "Io? l'ho veduto passare in carrozza per le vie ed è un bell'uomo." Mentre si parlava così eravamo presso Gaeta e su la grande strada, ecco dei soldati a cavallo che con la solita furia si fanno presso a la carrozza. "Fermate, andate un po' indietro: fermate, passa il re." E il re in un carrozzino con a fianco il figlio passò innanzi la nostra vettura; e andato poco oltre fermò, e discese per un bisogno naturale. E poi si avvicinò ad un uffiziale a cavallo che lo seguiva, e gli parlò, e palpò il cavallo, e stato un pezzo montò e andò via.
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